E se non fosse "internet"? Giugno 1999 |
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it |
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L'imperfetto ma glorioso TCP/IP funziona da vent'anni. All'origine c'erano quattro host; oggi ne collega 43 milioni. Ma... senza l'internet protocol sarebbe nata ugualmente quell'idea di comunicazione "di tutti a tutti" che cambia così profondamente il mondo in cui viviamo? Credo di si.
Sarà l'internet la tecnologia di domani? Probabilmente si; ma non l'unica. Siamo ancora all'inizio dell'evoluzione turbolenta dei sistemi di comunicazione. I costi delle chiamate a lunga distanza sono scesi quasi a zero; dovranno, presto o tardi, crollare le tariffe; si allargheranno all'infinito le possibilità di gestire reti in connessione diretta. La comunicazione wireless (dai sistemi cellulari ai satelliti) è ormai un elemento portante, forse dominante. La vecchia prospettiva è destinata a rovesciarsi; i sistemi dovranno essere concepiti come trasmissione dati, con la comunicazione "voce" (o "video") come un'applicazione relativamente secondaria. Ci sono reti il cui funzionamento non dipende dall'internet. Come quelle semplicissime macchinette che prenotano i taxi; e che possono fare sostanziali passi avanti con un sistema di localizzazione satellitare. Gli esempi potrebbero essere infiniti; molti sono già intorno a noi, anche se non sempre ci rendiamo conto che si tratta di reti interattive. Oggi gli italiani fanno un uso scarsissimo della telefonia cellulare per trasmissione dati. Ma ci sono tecnologie, già operative, che vanno molto oltre il sistema SMS e potrebbero cambiare il quadro in modo radicale. Alcuni dicono che il telefono prenderà il posto oggi occupato dal computer come strumento primario di accesso all'internet; questo mi sembra improbabile. Ma i telefoni possono diventare, per conto loro, strumenti di rete, con possibilità ancora inesplorate.
Insomma le tecnologie cambiano continuamente. Spesso imboccano percorsi che sembrano luminose autostrade ma si rivelano vicoli ciechi. È praticamente impossibile prevedere come si evolveranno e quali, fra le infinite applicazioni possibili, saranno davvero utili, diffuse e condivise. Ma c'è un filo di continuità che non si interrompe e su cui si può investire senza il timore di un'improvvisa "obsolescenza". Non è fatto di macchine. software, linguaggi o protocolli. È fatto di rapporti umani. Secondo me ha ragione Kevin Kelly quando dice che siamo ormai fuori dall'era dell'informazione e siamo entrati nell'era delle reti. Ciò che conta non è più la potenza dei grandi calcolatori ma l'assai superiore efficienza dei sistemi connessi. Se invece di pensare ai "terminali" come chip li pensiamo come persone, abbiamo una percezione chiara di una realtà che è nuova per le possibilità che offre ma è antica perché corrisponde al DNA della nostra specie. Potranno cambiare gli strumenti di cui si serve, ma la natura umana non cambierà in un anno, un decennio o un secolo. Volete sapere qual è, secondo me, la reale dimensione del "mercato internet" in Italia? Circa 40 milioni di persone. Perché ciò che conta non è sapere quante persone si collegano. È sapere quante persone potrebbero raggiungerci se avessimo un'offerta davvero interessante.
Un mio amico è l'incarnazione della tecnofobia. Non guida l'automobile, scrive articoli e libri con la penna stilografica, non ha mai messo le mani su una tastiera. L'unico meccanismo che usa è il telefono "fisso". Compra da Amazon. Come fa? Telefona a me e mi dice "La prossima volta che fai un ordine di libri...". Quante persone ci sono in Italia, oggi, che non conoscono qualcuno che possa collegarsi alla rete?
Se badiamo ai contenuti e ai rapporti umani possiamo costruire relazioni di grande valore, che (se ben coltivate) durano e crescono nel tempo; e che hanno la miracolosa capacità di sopravvivere a qualsiasi cambiamento della tecnologia. Questo, credo, è il concetto fondamentale che dovrebbe stare dietro a qualsiasi progetto di comunicazione in rete. |
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